Denominazione scientifica

Cynara scolymus L., meglio noto come carciofo, è una pianta erbacea perenne della famiglia Asteraceae coltivata in Italia ed in altri Paesi per uso alimentare e secondariamente, per uso medicinale.

Proprietà nutrizionali

Da un punto di vista nutrizionale il carciofo è un ortaggio ricchissimo di acqua e povero di calorie, solo 22 kcal/100g. Abbondano invece, le proteine di origine vegetale, 2.7g/100g e soprattutto, le fibre ben 5.5g/100g. La frazione lipidica invece, è praticamente trascurabile 0.2g/100g. La restante quota energetica è fornita dai carboidrati 2.5g/100g.

Per quanto riguarda i micronutrienti, il potassio è quello più rappresentato, ben 376 mg/100g. Questo rende il carciofo un ottimo alimento per contrastare l’ipertensione, in quanto appunto ricco di potassio e al contempo povero di sodio!

Proprietà terapeutiche

Molteplici sono le proprietà curative e benefiche attribuite al carciofo: l’azione sul metabolismo lipidico, l’azione detossificante del fegato, l’effetto ipoglicemizzante, l’azione antiossidante e molti altri ancora. 

Di seguito andremo ad analizzare questi aspetti per comprendere meglio quanto c’è di vero, basandoci su fonti attendibili.

Azione sul metabolismo lipidico

Negli anni il carciofo è diventato oggetto indiscusso di studio e ricerche in merito alle sue numerose proprietà benefiche. 

Una review del 2018 mette in luce diversi studi i quali hanno evidenziato una possibile correlazione tra il consumo di carciofi ed un conseguente miglioramento del profilo lipidico. 

Tali studi prendono in esame l’estratto di carciofo o i cuori di carciofo cotti e vanno ad analizzare i possibili meccanismi d’azione responsabili di tale effetto. (Santos HO, Bueno AA, Mota JF. The effect of artichoke on lipid profile: A review of possible mechanisms of action. Pharmacol Res. 2018;137:170-178)

Da questa revisione sistematica di numerosi trial clinici condotti sull’uomo dal 2000 al 2018, è emerso che l’assunzione dell’estratto di carciofo è utile nella prevenzione cardiovascolare in quanto andrebbe a ridurre i livelli ematici di colesterolo totale, di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) e dei trigliceridi. 

Questi effetti sembrerebbero attribuibili alla presenza della luteolina e all’acido clorogenico, entrambe sostanze antiossidanti.

Non ci sono invece, sufficienti prove a sostegno del possibile effetto sull’aumento del colesterolo HDL (cosiddetto colesterolo “buono”). 

Gli effetti dei cuori di carciofo cotti invece, sembrerebbero essere riconducibili principalmente all’elevata presenza di fibre solubili, in particolare all’inulina. 

L’inulina parrebbe avere un meccanismo d’azione molto simile a quello delle resine sequestranti i sali biliari, una categoria di farmaci utilizzati nel trattamento delle dislipidemie (eccesso di colesterolo nel sangue). 

L’inulina, come le resine, andrebbe ad inattivare i sali biliari facendo sì che il fegato si trovi in condizioni tali da dover utilizzare il colesterolo endogeno (prodotto cioè dall’organismo e non proveniente dagli alimenti) che si è accumulato per produrre ex novo i sali biliari. 

Questo meccanismo di conseguenza, porterebbe alla riduzione dei livelli ematici di colesterolo. Nonostante le numerose prove convincenti riguardo i suoi effetti benefici sugli esiti cardiovascolari, ulteriori studi clinici a lungo termine risultano essere fondamentali al fine di ottenere maggiore chiarezza.

Azione antiossidante

Da una review del 2015 è emerso che numerosi studi condotti “in vitro” (che ricordo, hanno una valenza minore rispetto a quelli condotti “in vivo”) hanno attribuito al carciofo proprietà antiossidanti.

Le sostanze responsabili di tale azione presenti nell’estratto di carciofo sembrerebbero essere: la cinarina, l’acido caffeico, l’acido clorogenico e la luteolina

Appartengono alla classe dei polifenoli, sostanze con azione antiossidante appunto. Ad esse sembrerebbe essere attribuita l’azione di scavenger (letteralmente “spazzini”) dei radicali liberi, ovvero sostanze in grado di trasformare i radicali liberi dell’ossigeno in composti non radicalici cioè privi di reattività e non tossici.

Azione ipoglicemizzante

L’azione sul metabolismo glucidico è un’altra delle importanti proprietà che il carciofo vanta. 

Alcuni studi mettono in risalto una possibile azione ipoglicemizzante del carciofo riconducibile alla presenza dell’acido clorogenico in esso contenuto. 

Tale acido sembrerebbe comportarsi come un potente inibitore dell’enzima glucosio-6-fosfatasi-reduttasi, enzima coinvolto nella formazione di glucosio endogeno e nella glicolisi. 

La sua azione contribuirebbe ad una lieve riduzione della glicemia che però diventa significativa nei soggetti diabetici non insulino-dipendenti. 

Un altro studio invece, attribuirebbe l’azione ipoglicemizzante alla presenza di inulina, fibra solubile precedentemente citata per i suoi effetti ipolipidemizzanti. 

Come tutte le fibre, l’inulina ha anche un’azione benefica sul metabolismo glucidico in quanto si comporta come prebiotico, sostanza in grado di alimentare la flora batterica intestinale “buona”, portando alla formazione di 3 acidi grassi a catena corta che sono l’acido butirrico, propionico e acetico, rispettivamente responsabili di un’azione protettiva nei confronti degli enterociti (cellule intestinali), di un’azione ipoglicemizzante ed ipolipidemizzante.

Azione epatoprotettrice

Ultima ma non per importanza, è l’azione di epatoprotezione. Il suo consumo, sotto forma di capsule ed integratori a base di estratto di carciofo, viene sempre più spesso consigliato a pazienti affetti da epatite, ittero, cirrosi e steatosi epatica.

Questo perché il carciofo è coleretico, cioè stimola la secrezione biliare favorendo la digestione dei grassi; quindi, assumendolo andremo a “facilitare” il lavoro al fegato che soprattutto in condizioni patologiche come la steatosi, la cirrosi etc., si trova già in uno stato di “fatica”. 

Inoltre, il carciofo è anche colagogo, ovvero promuove lo svuotamento della cistifellea. 

Per questi motivi quindi, viene considerato un alimento “detox” ed epatoprotettore, nel senso che allevia il carico di lavoro al fegato aiutandolo a “fare meno fatica”.

Anche in questo caso, le proprietà attribuite al carciofo sono riconducibili alla presenza di fibre (inulina) e sostanze antiossidanti (cinarina) già citate.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni fatte e degli studi presi in esame, indubbiamente ci sono delle basi scientificamente valide a sostegno delle proprietà attribuitegli. 

Il punto è capire quanto può fare la differenza e soprattutto non commettere l’errore di considerarlo come un alimento magico o attribuirgli proprietà “miracolose”. 

Non è sicuramente la soluzione ad una dislipidemia o ad una condizione di sofferenza epatica ma può sicuramente essere un ottimo coadiuvante nel trattamento affiancato in primis ad uno stile di vita sano.

Come emerso dall’articolo sopracitato, ci sono prove documentate sull’uomo le quali suggeriscono che l’assunzione giornaliera di circa 2-3 g di estratto di foglie di carciofo è efficace per il miglioramento del profilo lipidico. 

Tale miglioramento consiste nella diminuzione dei livelli di colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”), di trigliceridi e di colesterolo totale nel sangue ma, apparentemente, in nessuna modifica dei livelli di HDL (colesterolo “buono”). 

Sono necessari ulteriori studi per poter comprendere a pieno quanto l’integrazione con estratto di carciofo possa influire positivamente sul trattamento delle dislipidemie, degli altri disordini metabolici e fare la differenza a prescindere dalla “generica” presenza di fibre e delle altre sostanze benefiche che in realtà possono essere ritrovate anche in altri alimenti. 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento. 

Dott.ssa Chiara Losito
Dietista – Nutrizionista

Napoli