Oggi il termine cardiopatia ischemica è stato sostituito da un concetto più ampio che è la Sindrome coronarica, divisa in acuta e cronica, a seconda della modalità di esordio.
La sindrome coronarica acuta comprende due quadri differenti:
- STEMI, infarto miocardico con elevazione persistente del tratto ST
- NSTEMI, infarto miocardio senza elevazione persistente del tratto ST
Queste due condizioni si manifestano in maniera repentina e necessitano di un trattamento con criteri di emergenza o urgenza. Il trattamento della sindrome coronarica acuta è nella maggior parte di casi di pertinenza del cardiologo emodinamista che in corso di coronarografia può trattare la/e stenosi e/o l’occlusione della coronaria/e che ha determinato l’infarto miocardico.
La sindrome coronarica acuta però può diventare di interesse cardiochirurgico quando si presentano delle complicanze che determinano una instabilità emodinamica fino ad arrivare allo shock.
Complicanze dell’infarto miocardico che necessitano di intervento chirurgico sono principalmente delle alterazioni di tipo meccanico:
- la rottura di muscolo papillare con insufficienza mitralica massiva acuta ed EPA
- la rottura del setto interventricolare
- la rottura della parete libera del ventricolo sinistro, con eventuale tamponamento cardiaco
- l’aneurisma del ventricolo sinistro
Inoltre, l’intervento cardiochirurgico nei pazienti affetti da sindrome coronarica acuta può rendersi necessario una volta superato il quadro acuto e stabilizzato il paziente per garantire una rivascolarizzazione completa.
La sindrome coronarica cronica ha sostituito il termine “angina stabile” in quanto essa comprende un’ampia varietà di segni e sintomi tutti riconducibili alla malattia coronarica.
Le linee guida raccomandano di sottoporre a rivascolarizzazione miocardica i pazienti affetti da sindrome coronarica cronica sintomatici nonostante ottimizzazione della terapia medica per angina ovvero per equivalenti anginosi come dispnea, dolore epigastrico o dolore al braccio sinistro.
La rivascolarizzazione miocardica può essere effettuata con angioplastica ed eventuale impianto di stent oppure mediante intervento chirurgico di bypass aortocoronarico.
Nella scelta di indirizzare il paziente a rivascolarizzazione percutanea oppure chirurgica, bisogna correttamente valutare una serie di parametri per far sì che venga fatta una scelta su misura del paziente che miri ad una di rivascolarizzazione completa, concetto che ultimamente ha suscitato forte interesse nella comunità scientifica.
Infatti, una delle considerazioni da fare nella scelta dell’indirizzo terapeutico è proprio la valutazione preventiva della possibilità di garantire una rivascolarizzazione completa, in base ai mezzi in proprio possesso e al quadro clinico di presentazione del paziente.
Sicuramente bisogna valutare il rischio perioperatorio di mortalità e morbilità grazie all’utilizzo di score che permettono di dare una stima percentuale del rischio connesso all’intervento. Gli score utilizzati sono EUROSCORE II e STS score, i quali, in maniera diversa, valutano il rischio in base al performance status del paziente e alla presenza di eventuali comorbidità.
In ultimo è importante valutare la complessità anatomica della malattia coronarica. Questo è possibile grazie al SYNTAX score che valuta diversi parametri come il tipo e il numero di stenosi, la lunghezza, la dominanza coronarica, attribuendo ad ognuno di questi un numero e alla fine la somma determina un punteggio. Un punteggio <22 fa propendere la scelta verso la rivascolarizzazione percutanea, mentre un punteggio > 23 per quella chirurgica.
Nel riquadro sottostante sono schematizzati i criteri a favore dell’una piuttosto che dell’altra procedura.
In realtà oggi, vista anche la complessità sempre crescente dei pazienti con malattia coronarica, sta prendendo sempre più consenso nella comunità scientifica la possibilità di avere, in pazienti selezionati, un approccio ibrido.
L’approccio ibrido consiste nel garantire al paziente con malattia coronarica multivasale una rivascolarizzazione completa grazie all’associazione della tecnica cardiochirurgia del bypass aortocoronarico con l’angioplastica coronarica.
Contatta l’ esperto in merito a questo argomento
Dott. Antonio Pio Montella
Medico in formazione specialistica in Cardiochirurgia
Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
U.O.C. Cardiochirurgia – Ospedale Monaldi
Napoli