La fibrillazione atriale rappresenta l’aritmia più comune della vita adulta. Questa aritmia in quanto tale non è pericolosa per la vita se ben riconosciuta e trattata opportunamente, pericolose invece risultano le sue complicanze a partire dall’ictus cerebrale.

Si stima infatti che circa il 20% degli ictus ischemici cerebrali siano imputabili a questa aritmia. In Italia circa 650.000 persone sono affette da fibrillazione atriale.
Dopo i 75 anni tra le 8 e le 10 persone su 100 soffrono di questa specifica aritmia. È risaputo infatti che la fibrillazione atriale è una patologia tipica dell’età avanzata.

Ciò nonostante può colpire anche soggetti più giovani soprattutto in presenza di specifiche condizioni cardiologiche predisponenti che andremo ad approfondire insieme nel dettaglio.


Cerchiamo di comprendere in parole semplici cos’è esattamente la fibrillazione atriale, quali sono le cause, come riconoscerla, come trattarla e come prevenirne le conseguenze.

Cos’è la fibrillazione atriale?

In condizioni di normalità il nostro ciclo cardiaco è garantito da una ritmica attivazione delle due camere superiori del nostro cuore (atrii) a cui segue una altrettanto ritmica attivazione delle due camere inferiori (ventricoli).

fibrillazione atriale

Condizione necessaria per permettere al nostro cuore di pompare sangue in circolo in maniera idonea e fisiologica.
Durante la fibrillazione atriale gli atrii si attivano ad elevatissima frequenza ed in maniera assolutamente scoordinata, generando di conseguenza battiti cardiaci irregolari  ed accelerati (tachicardia).


In corso di fibrillazione atriale la frequenza cardiaca può indicativamente oscillare tra i 100 e i 220 battiti al minuto, tale variabilità dipende dall’età del paziente, da eventuali terapie farmacologiche in corso e dalle condizioni cardiache predisponenti.

Cause di fibrillazione atriale: i vari scenari

Solo in una piccola percentuale di casi (circa 1 su 15) la fibrillazione atriale si manifesta senza una causa o correlazione apparente, in tal caso viene definita “isolata” o “idiopatica”.

Nella maggior parte dei casi invece causa di fibrillazione atriale sono condizioni o patologie predisponenti:

  • Età (patologia tipica dell’età avanzata, dopo gli 85 anni circa il 12-15% dei pazienti ne è affetto)
  • Malattie cardiache (infarto miocardico, insufficienza cardiaca, malattia valvolare, pericardite, cardiopatia congenita, versamento pericardico)
  • Ipertensione arteriosa sistemica
  • Malattie extra cardiache (polmonari, ipertiroidismo, apnee ostruttive del sonno, obesità, embolia polmonare)
  • Chirurgia cardiaca
  • Abuso di alcol e/o stupefacenti.

È molto importante riconoscere le condizioni predisponenti in modo da poterle trattare adeguatamente.
L’ eliminazione di cause “reversibili” di fibrillazione atriale assume un ruolo cruciale nel trattamento di questa patologia.

Sintomi fibrillazione atriale: come riconoscere ?

L’attivazione irregolare del cuore in corso di fibrillazione atriale, spesso molto veloce (tachicardia), determina una anomala contrazione e conseguente non adeguato apporto di sangue al cervello e agli altri distretti corporei.

I sintomi della fibrillazione atriale principali sono i seguenti:

  • Palpitazioni (cardiopalmo, cuore in gola, batticuore, cuore che batte veloce alternato ad attimi in cui si ha la sensazione che si fermi);
  • Facile affaticabilità;
  • Affanno;
  • Sensazione di mancamento o vertigini;
  • Sincope (svenimento).

In casi non rari la fibrillazione atriale decorre in maniera del tutto asintomatica, tale da rappresentare un riscontro occasionale durante una visita di controllo.
In questo caso il consiglio è di rivolgersi ad un cardiologo elettrofisiologo (esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco) per iniziare un idoneo percorso diagnostico e terapeutico.

fibrillazione atriale rischi

 

Fibrillazione atriale, i rischi

La fibrillazione atriale non è un’aritmia di per sé pericolosa per la vita, a patto che il paziente sia opportunamente trattato farmacologicamente. Molte persone convivono per decenni con la fibrillazione atriale.

È una condizione che se opportunamente gestita da un cardiologo esperto, non ha alcun tipo di ripercussione sulla qualità e sull’aspettativa (durata) di vita del paziente.

Fibrillazione atriale, quando allarmarsi? Quando correre in Ospedale?

Questa specifica aritmia può tranquillamente essere gestita, sotto guida medica, in ambulatorio o addirittura a casa.
Solo quando i sintomi della fibrillazione atriale diventano particolarmente intensi, bisogna recarsi d’urgenza presso il più vicino pronto soccorso.

Quanto può durare una crisi di Fibrillazione atriale?

La durata è molto variabile. Vi sono crisi che possono durare secondi, minuti, ore, settimane o anni.
Si definisce fibrillazione atriale parossistica una crisi che si risolve spontaneamente e dura meno di 7 giorni.
Se dura più di una settimana si parla invece di fibrillazione atriale persistente.
Quando, fallita ogni forma di terapia, sia il medico che il paziente accettano tale aritmia e si decide di convivere con essa, si parla infine di fibrillazione atriale permanente.

Fibrillazione atriale e Ictus, la complicanza più temibile

Ebbene si. L’ictus cerebrale rappresenta in assoluto la peggiore complicanza della fibrillazione atriale, potenzialmente mortale.
La completa disregolazione dell’attività atriale in corso di fibrillazione atriale comporta una mancata contrazione degli atri.
Il mancato svuotamento degli atri durante il ciclo cardiaco genera ristagno di sangue atriale che tende a coagulare ed aggregarsi in trombi, specialmente in zone atriali a basso flusso come l’ “auricola”.

Tali trombi possono staccarsi in qualunque momento e raggiungere attraverso le arterie gli organi a distanza come:

– milza (infarto splenico)

– reni (infarto renale)

– arti superiori ed inferiori

– cervello (ictus cerebrale).

Per questioni di conformazione anatomica, il cervello rappresenta la più frequente sede di dislocazione dei trombi a partenza cardiaca (embolia cerebrale). Se il trombo è di piccole dimensioni i danni saranno irrilevanti o comunque transitori. In caso di grossi trombi i danni possono essere più seri, con sequele irreversibili e potenzialmente fatali.

Diagnosi della fibrillazione atriale

In presenza di sintomi, la diagnosi della fibrillazione atriale è ottenuta mediante una semplice registrazione dell’elettrocardiogramma.
Utili a completamento diagnostico risultano il monitoraggio elettrocardiografico 24h (ECG Holter), per rilevare crisi di fibrillazione atriale di breve durata, e l’ecocardiogramma al fine di conoscere la condizione cardiaca strutturale sottostante che ci deve guidare poi nella scelta terapeutica.

Terapia della Fibrillazione Atriale

La terapia della fibrillazione atriale ha due obiettivi principali: 

  • il controllo dei sintomi (antiaritmici per il ripristino del ritmo cardiaco normale e/o farmaci per il controllo della frequenza cardiaca come flecainide, propafenone, amiodarone, beta-bloccanti, calcio-antagonisti e digitale.
    In caso di crisi di fibrillazione atriale particolarmente intensa, fortemente sintomatica e mal tollerata dal paziente, può essere necessario ricorrere ad una terapia d’urgenza con rapido ripristino di ritmo sinusale mediante cardioversione elettrica esterna).
  • prevenire la formazione di trombi intracardiaci e scongiurare quindi il pericolo di ictus (anticoagulanti).

Tutti i pazienti devono assumere anticoagulanti?

La risposta è no. Il rischio di sviluppare trombi intracardiaci che possano staccarsi (emboli) e generare ictus cerebrali dipende dalle condizioni del paziente.
I pazienti diabetici, di sesso femminile, con un’età maggiore di 65 anni, affetti da ipertensione arteriosa sistemica o con storia di ictus precedenti sono a maggior rischio e pertanto le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo di anticoagulanti orali.

In passato l’anticoagulante più utilizzato è stato il Warfarin, farmaco che costringeva i pazienti ad uno stretto regime alimentare e li obbligava a settimanali prelievi ematici per la valutazione dell’ INR e l’aggiustamento terapeutico.

A partire dal 2014 l’avvento dei nuovi anticoagulanti orali diretti (dabigatran, apixaban, rivaroxaban, edoxaban) ha migliorato notevolmente la qualità di vita dei nostri pazienti. Tali farmaci infatti, efficaci quanto il Warfarin e sicuramente più sicuri in termini di rischio di emorragie, non necessitano di prelievi ematici seriati o di particolari restrizioni dietetiche.


In assenza di controindicazioni specifiche come ad esempio l’insufficienza renale avanzata o protesi meccaniche cardiache, tutti i pazienti affetti da fibrillazione atriale possono giovarsi dell’utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali in sostituzione del Warfarin.

Terapia interventistica della fibrillazione atriale

I pazienti con fibrillazione atriale sintomatica non responsiva all’utilizzo di farmaci antiaritmici dovrebbero essere sottoposti ad ablazione transcatetere. Questa procedura interventistica ha l’obiettivo di andare a “bruciare” mediante radiofrequenze le aree responsabili dell’innesco e mantenimento dell’aritmia (in genere la zona di passaggio tra atrii e vene polmonari).


Nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica (quelli in cui l’aritmia termina spontaneamente) la procedura, se eseguita da operatori esperti, ha una probabilità di risolvere il problema in circa il 50-60% dei casi.
Percentuale di successo che sale a circa l’80% se il metodo, in caso di recidiva aritmica, viene ripetuto con l’ausilio di farmaci antiaritmici (in precedenza inefficaci).

Le probabilità di successo delle diverse pratiche cala progressivamente nei pazienti che presentano una fibrillazione atriale persistente, soprattutto se di durata maggiore di un anno, o una malattia cardiaca avanzata. Questa procedura viene eseguita mediante posizionamento di cateteri erogatori di radiofrequenze in specifiche zone del cuore, attraverso un accesso venoso in genere femorale.

I rischi di tale metodologia consistono principalmente nella perforazione accidentale del cuore (che viene generalmente risolta mediante l’aspirazione del sangue stravasato con una puntura eseguita al di sotto dello sterno–pericardiocentesi) e nel distacco di coaguli che si formano sulla superficie delle sonde nonostante il costante utilizzo di farmaci anticoagulanti durante la procedura.

Pericoli che però grazie all’ausilio delle moderne apparecchiature mediche rappresentano un’evenienza fortunatamente molto rara (<2%).

Fibrillazione Atriale, consigli sull’alimentazione da seguire

Bisogna puntare su cibi salutari che aiutino il ritmo cardiaco:

  • Pesce azzurro, frutta secca e altri cibi ricchi in acidi grassi omega 3
  • Frutta e verdura ricchi di vitamine, potassio, beta carotene quali spinaci, bietola, cicoria, broccoli, carote, asparagi e pomodori, mirtilli e frutti di bosco
  • Cereali integrali tra cui l’avena
  • Riduci il consumo quotidiano di sale 
  • Riduci i cibi troppo ricchi di grassi saturi e di conservanti (tra cui le carni in scatola e i salumi) e i latticini interi, i fritti e le salse grasse come la maionese o la besciamella. Preferisci i formaggi morbidi a quelli stagionati.
  • Riduci la caffeina. Sostituisci il caffè con il tè verde o con la bevanda d’orzo
  • Riduci le porzioni, semmai, fai più pasti leggeri in un giorno
  • Bevi molta acqua. Anche la disidratazione fa male al cuore
  • Attività fisica di tipo aerobico, preferibilmente in pianura, meglio se in compagnia. Regolarizzano il battito cardiaco le attività fisiche prolungate (almeno 30 minuti), di bassa intensità, come ad esempio le lunghe passeggiate. Attenti a preferire le aree verdi e le ore meno calde della giornata.

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Andrea Antonio Papa
Cardiologo Aritmologo, esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco

Dirigente Medico I livello
UOC Cardiologia e UTIC
Università della Campania L. Vanvitelli
AORN dei Colli – Ospedale Monaldi
Napoli