In questo articolo verranno fornite indicazioni sulle tecniche chirurgiche e sui mezzi impiegati per convogliare all’esterno liquidi biologici e patologici: i drenaggi chirurgici, presidi frequentemente utilizzati nel post-operatorio. Tale sezione descrive differenti sistemi e diverse tipologie di drenaggio; nella sezione successiva saranno illustrati i principi chiave alla base del funzionamento e della GESTIONE di tali dispositivi.

 

Che cosa sono i drenaggi chirurgici?

Sistemi temporanei che consentono attraverso flusso mono-direzionale la deviazione di un liquido organico o di un gas, da cavità naturali o neoformate (in seguito ad intervento chirurgico o ad un processo fisiopatologico) per mezzo di strutture che canalizzano tali materiali verso l’esterno (liquido sieroematico, materiale purulento, bile, aria-gas). Solitamente, sono connessi a sistemi di raccolta per la misurazione e l’osservazione del materiale drenato.

La parola drenare deriva dall’inglese to drain che significa prosciugare, scolare; infatti questi dispositivi consentono di espellere all’esterno aria e secrezioni che potrebbero costituire terreno di coltura e favorire eventuali infezioni.

 

Quali sono le utilità dei drenaggi chirurgici?

I drenaggi possono essere classificati anche in relazione al proprio scopo: in questo modo avremo quindi drenaggi terapeutici e profilattici o precauzionali. Il drenaggio terapeutico è considerato tale se consente di confermare o formulare la diagnosi attraverso l’esame chimico-fisico, batteriologico o citologico del drenato, se viene posizionato per eseguire lavaggi della cavità con farmaci o soluzioni oppure se in seguito al suo posizionamento regrediscono segni o sintomi legati alla patologia del paziente (pneumotorace e miglioramento della funzione respiratoria). Il drenaggio precauzionale (o profilattico) ha invece lo scopo di evitare la formazione di raccolte, prevenire eventuali infezioni oppure svolgere più semplicemente la funzione di “spia” in caso di emorragie.

Consentono di:

  • Drenare raccolte neoformate;
  • Evitare ematomi o raccolte ematiche;
  • Favorire l’emostasi;
  • Proteggere le suture;
  • Introdurre farmaci o soluzioni di lavaggio;
  • Osservare e quantificare materiale drenato (permettendo tempestivamente valutazione di eventuali variazioni);
  • Ristabiliscono pressione negativa nel cavo pleurico.

Questi dispositivi sono necessari in caso di:

  • Cavità ascessuali (spazi formati in seguito all’attività del chirurgo e che raccolgono essudato purulento);
  • Presenza di materiale estraneo o devitalizzato;
  • Contaminazione (riguarda soprattutto gli interventi classificati di classe IV definiti “sporchi” dove si ha già presenza di pus o materiale enterico);
  • Ferite da morso (richiedono particolare attenzione per la loro contaminazione microbica che potrebbe provocare infezione e sepsi o malattie come la rabbia se causate da fauna o animali domestici non vaccinati);
  • Asportazioni;
  • Interventi in cui il drenaggio riveste un ruolo preventivo (drenaggio spia).

 

I sistemi di drenaggio di una ferita chirurgica solitamente vengono inseriti dall’operatore alla fine dell’intervento chirurgico attraverso un foro o un’incisione dedicata (raccomandato in letteratura) o direttamente nella ferita. Talvolta si rende necessario il posizionamento per via percutanea con procedura assistita per via ecografica o radioguidata (Rx, TAC, RMN). I drenaggi possono essere posizionati in cavità intra o extra peritoneale, tra i foglietti pleurici, sotto le fasce muscolari o nel sottocute; talvolta in chirurgia addominale può essere necessario drenare materiale da organi cavi come stomaco, duodeno, digiuno; da cavità neoformate come la loggia renale, splenica o epatica oppure inserendo il drenaggio direttamente in dotti escretori come la via biliare principale.

 

 Come agiscono i drenaggi chirurgici?

Le azioni con le quali i drenaggi chirurgici agiscono sono:

  • Azione fognante: permette la fuoriuscita di aria e materiali che possono fungere da terreno di coltura per microrganismi;
  • Azione decompressiva: riduzione della formazione di ematomi o sierosi, impedisce la distensione dell’organo provocata dal ristagno di liquidi o gas;
  • Azione di spia: monitorare lo stato di guarigione interno di una ferita chirurgica e la presenza di eventuali complicanze (sanguinamento, infezione, deiscenza anastomotica).

 

Quali tipi di drenaggio ci sono?

I drenaggi si classificano in:

  • Semplici: tubolari in gomma (redon-ulmer); canale o nastro; dita di guanto tagliato, garza/ zaffo.

 

DRENAGGIO REDON

Drenaggio sottovuoto, costituito da un tubolare di vario diametro raccordato a soffietti in materiale sintetico (PVC- silicone) con un sistema a molla che limita le dimensioni e permette un livello costante di aspirazione e di capacità di raccolta. Spesso utilizzati per gli interventi sul collo e sulla mammella. Il catetere di drenaggio in materiale sintetico ( PVC – silicone) è caratterizzato da fori circolari di uguale diametro sulla superficie laterale per evitare l’irritazione dei tessuti.

CATETERE DI DRENAGGIO ULMER

Catetere di drenaggio in materiale sintetico (PVC – silicone) caratterizzato da fori di diametro graduale per garantire un’aspirazione migliore, equilibrando la pressione lungo tutto il tratto perforato; differentemente dal redon, in cui la pressione di aspirazione è maggiore nei fori più vicini alla sorgente di aspirazione e ridotta nei fori più lontani dalla stessa, poiché sono di uguale diametro.

 

Un drenaggio particolare è lo ZAFFO, costituito da una garza stipata in un una ferita infetta, dopo aver effettuato toilette chirurgica, o in cavità ascessuale, dopo incisione e svuotamento dell’ascesso, che consente al sito infetto di continuare a liberarsi del contenuto.

 

  • Complessi: tubolari a strisce; a sigaretta.

 

 PENROSE: Il drenaggio di Penrose è un drenaggio chirurgico di tipo passivo a conformazione piatta, realizzato in silicone, con superficie interna zigrinata, utile per il drenaggio capillare delle ferite chirurgiche. Particolari indicazioni cliniche: drenaggio di tessuti sottocutanei, tiroidectomia, strumectomia, mastectomia e prostatectomia. La particolare idrorepellenza, tipica del silicone, facilita la rimozione del tubo di drenaggio senza danni al paziente.

  • Speciali o endoluminali: introdotti negli organi cavi o nei condotti escretori ne esistono di forme diverse e prendono il nome a seconda dell’organo in cui vengono introdotti o dall’ideatore; kehr (drenaggio delle vie biliari).

 

Come vengono classificati i sistemi di drenaggio?

In base alle caratteristiche i sistemi di drenaggio si distinguono in:

  • Drenaggi passivi per capillarità: sfruttano la proprietà assorbente affidandosi al fenomeno capillare per convogliare all’esterno liquidi patologici, un esempio è il drenaggio filiforme. I primi modelli di drenaggio filiforme furono realizzati con crine di cavallo; attualmente si utilizzano fibre inerti, tipo monofilamenti, per drenare eventuali raccolte sierose sottocutanee. Dai drenaggi filiformi sono derivati i drenaggi con scanalatura che da un lato soddisfano la capillarità e dall’altro possono essere posti in aspirazione senza collabimento delle pareti;
  • Drenaggi passivi per caduta: sfruttano la forza di gravità per drenare il materiale, il drenaggio avviene per differenza di pressione e gravità tra cavità interna ed esterna. La sacca di raccolta è in materiale sintetico ed è graduata per consentire quantificazione materiale, può essere fornita o meno di valvola di svuotamento;
  • Drenaggi attivi a sistema aspirante o sottovuoto: considerati attivi poiché sono collegati ad una forza aspirante a muro o trasportabile (Bulau), o ad una camera di aspirazione a soffietto. Un sistema che sfrutta pressioni negative, come il vuoto pneumatico. Si differenziano in sistemi a basso o alto vuoto, a seconda della pressione negativa aspirante esercitata nelle strutture anatomiche. Nel caso di sacca di raccolta con sistema di aspirazione a soffietto, il dispositivo è dotato di una molla in acciaio inossidabile situata all’interno del soffietto. La molla limita le dimensioni e permette un livello costante di aspirazione e di capacità di raccolta. La graduazione sulla parte inferiore del sistema consente il controllo della quantità di fluido raccolto. Dispositivo di raccolta monouso, sterile;
  • Drenaggi a valvola d’acqua: drenaggio toracico e sistema Bulau, il padre del drenaggio moderno fu Gotthard Bülau, a cui si deve ancora oggi il nome del sistema a più bottiglie; egli comprese il funzionamento delle pressioni negative all’interno del cavo pleurico e già nel 1891 descrisse il drenaggio per sifonamento per empiema.

 

Inoltre vengono suddivisi in:

  • Suzione chiusa: il tubo di drenaggio viene posto a fondo cieco all’interno di una cavità, mentre all’altra estremità viene collegato un sistema a pressione;
  • Suzione aperta: in un drenaggio tubolare doppio, uno esterno più grande e uno interno più piccolo. Si applica il vuoto a uno dei due tubi: da quest’ultimo esce il materiale, dall’altro entra aria.

 

 

 

Dott.ssa Federica Ghezzi

Infermiere

UOC Cardiologia Vanvitelli

Azienda dei Colli – Monaldi (NA)