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Cos’è l’endocardite?
L’Endocardite è un’infiammazione della porzione più interna del cuore (l’endocardio) e può essere di origine infettiva (causata da batteri, più raramente da funghi) o non infettiva (ad esempio l’ Endocardite di Libman-Sacks, caratteristica dei pazienti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico).
Le forme infettive sono senza dubbio le più frequenti e gravi ed è su queste che ci soffermeremo in questo articolo.
Endocardite infettiva
Benché possa teoricamente colpire tutto l’endocardio, nella maggioranza dei casi l’endocardite infettiva si caratterizza per delle lesioni (“vegetazioni”) localizzate soprattutto sulle valvole cardiache.
Le quattro valvole (Mitrale, Aorta, Tricuspide, Polmonare) hanno il compito di mettere in comunicazione le camere cardiache (atrii e ventricoli) e favorire il deflusso di sangue nelle arterie (arteria polmonare ed arteria aorta) permettendo ad esso di defluire in un’unica direzione, senza poter tornare indietro.
Ad eccezione di alcuni batteri particolarmente aggressivi come lo Staphiloccus aureus, in grado di attaccare valvole cardiache sane, l’endocardite infettiva colpisce i pazienti affetti da malattie valvolari o coloro che hanno subito un intervento di riparazione/sostituzione della propria valvola con una protesi valvolare (meccanica o biologica).
La presenza delle lesioni (vegetazioni) sulle valvole può compromettere il funzionamento delle stesse causando un’ insufficienza valvolare (il sangue fluisce indietro) oppure una stenosi valvolare (il sangue ha difficoltà ad attraversare la valvola il cui orifizio risulta ristretto dalle vegetazioni).
Quali sono i sintomi dell’endocardite infettiva?
La più tipica manifestazione dell’endocardite è la febbre con picchi che superano i 40°C, preceduta da brividi scuotenti spesso di lunga durata e solo temporaneamente sedata dai farmaci antipiretici (come il paracetamolo o l’aspirina).
Altro sintomo tipico è la stanchezza (astenia), dovuta sia allo stato infiammatorio sistemico che alla disfunzione delle valvole cardiache.
Dalle vegetazioni presenti sulle valvole cardiache possono inoltre staccarsi dei piccoli emboli che migrano nel sangue ed arrivano agli organi periferici. Tali emboli possono creare l’occlusione di arterie di qualsiasi calibro causando un ischemia dell’ organo interessato o favorire la migrazione dei batteri nell’organo stesso.
Diagnosi e trattamento dell’endocardite infettiva
Per diagnosticare l’endocardite infettiva bisogna in primis sospettarla. Il sospetto di tale patologia nasce quando ci si trova davanti un paziente affetto da febbre di lungo corso, poco responsiva ai comuni antipiretici, associata ad un soffio cardiaco non presente alla visita medica precedente.
Il soffio cardiaco potrebbe essere l’espressione del malfunzionamento di una valvola cardiaca colpita dall’ endocardite.
L’ecocardiogramma a tal proposito è l’esame diagnostico per eccellenza che grazie all’ausilio di ultrasuoni, ci consente di rilevare alterazioni strutturali cardiache e ricercare sia la presenza delle vegetazioni (visualizzabili come formazioni più o meno grandi adese alle valvole cardiache) che le conseguenze delle vegetazioni stesse sulla funzione valvolare.
Altro punto cruciale per la diagnosi di endocardite è la ricerca di batteri/funghi nel sangue mediante esame colturale. Il sangue prelevato viene posto in specifici “terreni di coltura” che favoriscono la crescita dei funghi e batteri eventualmente presenti in esso (emocoltura).
Il trattamento dell’endocardite si basa soprattutto sull’uso di antibiotici. La terapia non va mai iniziata prima di aver fatto un prelievo del sangue per le emocolture perché queste risulterebbero falsate dalla presenza dell’antibiotico in circolo (che potrebbe impedire la crescita del batterio nel terreno di coltura).
Spesso il paziente si reca dal cardiologo già in fase di terapia antibiotica per cercare di combattere lo stato febbrile. A questo punto bisogna osservare un periodo di sospensione del farmaco (wash out) di almeno 48 ore, in seguito al quale è possibile eseguire l’ emocoltura.
Dopo aver eseguito il prelievo per l’emocoltura ma prima di averne il risultato (possono essere necessari fino a 10 giorni per la crescita di alcuni batteri) si può’ iniziare una terapia antibiotica “empirica”, con antibiotici che agiscono sui batteri che più frequentemente sono causa di endocardite.
Quando si rendono disponibili i risultati delle emocolture (in caso di esito positivo) si può mediante antibiogramma, modificare la terapia in corso scegliendo un antibiotico più adatto a quel tipo di battere.
Quando ricorrere al cardiochirurgo?
Ci sono casi in cui l’endocardite non migliora con la terapia antibiotica oppure le vegetazioni sulle valvole sono troppo grandi e causano una grave disfunzione valvolare.
In questi casi, si rende di solito necessario l’intervento chirurgico (eseguito dal cardiochirurgo) che prevede la rimozione delle vegetazioni e dei tessuti infetti e l’eventuale sostituzione delle valvole colpite con protesi valvolari (meccaniche o biologiche).
Dopo l’intervento si continua con una aggressiva terapia antibiotica per evitare che anche le protesi valvolari vengano colpite dal batterio o fungo presente in circolo.
L’endocardite, sebbene sia una malattia potenzialmente grave e mortale, ha ottime possibilità di guarigione, se ben trattata.
Fondamentale risulta una precoce terapia con antibiotici somministrati endovena guidati dai risultati delle emocolture e dell’ antibiogramma. Tale terapia va protratta per diverse settimane.
La prognosi è peggiore nel paziente anziano con altre patologie concomitanti poiché queste rendono più difficile essere aggressivi sia nella terapia medica che chirurgica.
Come prevenire l’endocardite infettiva?
La prevenzione dell’endocardite infettiva si basa in primis sull’ individuazione della “popolazione a rischio”.
Vengono considerati “pazienti a rischio”:
- portatori di protesi cardiache o sottoposti a riparazione valvolare
- pazienti con storia di pregressa endocardite
- pazienti portatori di dispositivi intracardiaci
- pazienti affetti da cardiopatie congenite
- pazienti già sottoposti a chirurgia cardiaca
Per questi pazienti risulta fondamentale fare prevenzione mediante somministrazione di una singola dose antibiotica in caso di interventi chirurgici maggiori, pulizia dentaria o in generale interventi coinvolgenti le alte vie respiratorie.
Vengono considerati invece, interventi a basso rischio di endocardite e pertanto non richiedenti preventiva terapia antibiotica, le seguenti procedure:
- procedure diagnostiche del tratto genito urinario tra cui colonscopie, cistoscopie e sigmoidoscopie;
- parto naturale o mediante taglio cesareo.
Profilassi dell’ endocardite infettiva: consigli comportamentali
I pazienti a rischio dovrebbero :
- Curare l’igiene della bocca mediante colluttorio e filo interdentale.
- Sottoporsi a periodici controlli dentistici.
- Effettuare sciacqui con clorexidina allo 0,12 o 0,2% per 1 minuto prima di ogni intervento odontoiatrico.
- Evitare di sottoporsi a piercing o tatuaggi.
- Riferire al proprio medico ogni episodio febbrile senza causa apparente.
- Disinfettare bene ogni ferita accidentale, anche la più banale.
Quali interventi richiedono la profilassi dell’ endocardite infettiva nei soggetti a rischio?
Procedure odontoiatriche:
- Procedure che prevedono la manipolazione dei tessuti gengivali o della regione periapicale dei denti o la perforazione della mucosa orale (ad eccezione dell’infiltrazione di anestetico locale attraverso mucosa non infetta).
- Estrazioni dentarie ed altri interventi di chirurgia orale.
- Procedure parodontali, inclusi sondaggio, ablazione tartaro, scaling e root planing, chirurgia parodontale.
- Impianti endoossei o reimpianti di denti avulsi.
- Terapie canalari con strumentazione oltreapice.
- Chirurgia endodontica (apicectomie).
- Posizionamento sottogengivale di dispositivi medicati.
- Utilizzo di matrici e cunei interdentali.
- Iniezioni anestetiche intraligamentose.
- Biopsie o altri prelievi di tessuto .
Procedure del tratto respiratorio:
- Procedure che prevedono l’incisione della mucosa (tonsillectomia, adenoidectomia) o biopsia.
Per tutte le altre procedure odontoiatriche, del tratto respiratorio, gastrointestinale, urogenitale, della cute e dei tessuti molli non e’ raccomandata la profilassi antibiotica.
In assenza di infezione nota NON e’ raccomandata la profilassi per:
- Broncoscopia o laringoscopia
- Intubazione transnasale o endotracheale
- Ggastroscopia
- Ecocardiografia transesofagea
- Colonscopia
- Cistoscopia
Contatta l’esperto in merito a questo argomento.
Dott. Andrea Antonio Papa
Cardiologo Aritmologo, esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco
Dirigente Medico I livello
UOC Cardiologia e UTIC
Università della Campania L. Vanvitelli
AORN dei Colli – Ospedale Monaldi
Napoli
Dott. Giorgio Spiniello
A.I.F. Malattie dell’apparato cardiovascolare
Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
AORN dei Colli-Ospedale Monaldi
Napoli