Cosa si intende per cateterismo vescicale?

In questo articolo cercheremo di spiegare in parole semplici la gestione del cateterismo vescicale e la necessità di mettere in atto trattamenti preventivi per ridurre lo sviluppo di infezioni delle vie urinarie.

Il cateterismo vescicale è una procedura di gestione infermieristica che ad oggi rappresenta la più frequente delle infezioni ospedaliere, che da sole raggruppano il 35%-40%, anche se negli ultimi anni si sta vedendo un calo, merito anche delle raccomandazioni riportate dalle linee guida e protocolli ospedalieri.

Quando scegliere il cateterismo vescicale?

Le linee guida raccomandano di scegliere tale procedura in caso di particolari circostanze:

  • Ritenzione urinaria acuta o ostruzione delle vie urinarie.
  • Monitoraggio della diuresi in pazienti critici.
  • Favorire la guarigione di lesioni aperte sacrali o perineali in pazienti incontinenti.
  • Prolungata immobilizzazione in pazienti che presentano politraumi.
  • Migliorare la qualità di vita in pazienti nell’accompagnamento alla morte.

Invece non è indicato nelle seguenti situazioni: 

  • Come sostituzione di assistenza nei pazienti con incontinenza; 
  • Nel postoperatorio senza appropriata indicazione. 

Ricordarsi comunque di rimuoverlo quando cessa la necessità del suo utilizzo.

Quale tipo di catetere scegliere?

Le raccomandazioni consigliano di scegliere i cateteri con il minor calibro possibile per evitare traumi uretrali che possono portare a infezioni ma non forniscono indicazioni sul calibro in relazione allo scopo del cateterismo, all’età, al sesso del soggetto e alle condizioni del meato.

Nella pratica infermieristica la scelta del diametro del catetere vescicale prevede in maniera indicativa: 

  • 6-10 Ch (CHERIER) nei pazienti pediatrici; 
  • 16-18 Ch nelle donne e 18-20 negli uomini; 
  • 20-24 Ch in caso di piuria (plus nelle urine), macroematuria o interventi alla prostata o alla vescica;

Inoltre varia anche di consistenza;

  • Catetere in lattice: indicato per i cateterismi a breve termine;
  • Catetere in silicone: indicato per il cateterismo a lungo termine;
  • Catetere in hydrogel: lattice con rivestimento polimerico idrofilo, delicato sulla mucosa uretrale, abbassa sensibilmente il rischio di incrostazioni e colonizzazione batterica;
  • Catetere in PVC: indicato nel cateterismo intermittente, si presenta anche in formati autolubrificanti.

Quanto tempo deve rimanere in sito il catetere vescicale?

La variabile tempo favorisce la formazione e lo sviluppo della batteriuria (quantità batterica nelle urine) che aumenta infatti dal 3% al 7% per ogni giorno di cateterismo aumentando il rischio nelle donne e nelle persone anziane. 

Tuttavia il cambio catetere dovrebbe basarsi su segni e sintomi quali incrostazioni, perdite, sanguinamenti, ostruzioni ed infezioni associate al catetere stesso. 

Infatti per i cateteri a lunga permanenza, non ci sono evidenze che certificano la sostituzione in tempi prestabiliti ma bisogna lasciare in situ il catetere vescicale solo per il tempo necessario valutando giorno per giorno le caratteristiche che hanno portato alla scelta del posizionamento. 

Nella pratica clinica i cateteri possono rimanere in situ:

– a breve permanenza; (DURATA INFERIORE A 14 GIORNI) Una revisione Cochrane, che includeva studi condotti maggiormente in popolazione chirurgica, ha evidenziato che la rimozione precoce sembra ridurre i tempi di ospedalizzazione.

– a lunga permanenza; (DURATA SUPERIORE A 28 GIORNI).

Bisogna somministrare profilassi antibiotica?

Sul piano clinico un’infezione urinaria è caratterizzata da febbre, disuria (difficoltà nell’urinare), pollachiuria (urinare frequentemente), bruciore quando si urina, urgenza minzionale (capacità di svuotare la vescica), dolori vescicali, urine maleodoranti, generalmente di modesta entità.

La sintomatologia clinica, tuttavia, non sempre è sufficiente per una diagnosi di infezione delle vie urinarie, per cui è necessario effettuare esami di laboratorio per individuare i batteri coinvolti e  di conseguenza scegliere la terapia più idonea con l’antibiogramma.

A tal proposito in presenza di infezione delle vie urinarie con segni e sintomi in un soggetto portatore di catetere vescicale le linee guida raccomandano di raccogliere le urine per l’urinocoltura (esame colturale delle urine) e di analizzare la punta del catetere per la sua coltura, successivamente rimuovere il catetere se è in sede da più di 7 giorni.

Se i sintomi sono locali si possono aspettare i risultati dell’esame prima di iniziare una terapia antibiotica; se invece i sintomi sono sistemici si raccomanda di eseguire due emocolture e di iniziare subito una terapia antibiotica.

Questo perché prescrivere antibioticoterapia al 60/80% dei pazienti portatori di cateterismo vescicale ha alimentato la farmacoresistenza antibiotica che ha reso a sua volta difficile la gestione di tale procedura.

Infatti l’uso della profilassi antibiotica nella cateterizzazione a breve ed a lunga permanenza non è sostenuta da prove di efficacia per la prevenzione di tale procedura.

IL trattamento con antibiotici è invece indicato per pazienti immunocompromessi, perché anche un ridotto numero di batteri possono peggiorare le condizione di salute del paziente.

La ginnastica vescicale è consigliata?

È una manovra che consiste nel chiudere il sistema di raccolta in modo da far riempire la vescica e stimolare la contrazione dei muscoli della vescica stessa in modo riabilitativo.

Le linee guida raccomandano di non effettuare la ginnastica vescicale prima della rimozione del catetere vescicale in quanto il muscolo destrusore della vescica non esegue alcuna forma di ginnastica durante la permanenza del catetere, invece sono le strutture sfinteriali e la muscolatura del pavimento pelvico perineale a contribuire alla contrazione e non il semplice riempimento della vescica.

Il lavaggio vescicale è consigliato?

Il lavaggio giornaliero del catetere vescicale non è sostenuto da linee guida e protocolli oltre ad aumentare la probabilità di contrarre infezione a causa di una maggiore manipolazione del presidio.

I lavaggi continui vescicali sono riservati solo alle patologie urologiche come  macroematuria per interventi della prostata e della vescica. 

In questo caso il lavaggio vescicale deve essere eseguito in continuo, in condizioni di aspesi, a circuito chiuso  utilizzando cateteri a tre vie (definita in questo modo in quanto la parte finale presenta tre uscite: una per il gonfiaggio del palloncino di fissaggio, una per la busta di raccolta e una per collegarla alla sacca di lavaggio continuo). Solo alcune linee guida raccomandano la sostituzione del catetere in caso di ostruzione.

Altre raccomandazioni

  • Il fissaggio del catetere vescicale rappresenta un elemento che molti operatori trascurano, nonostante ne venga sottolineata l’importanza al fine di evitare la trazione uretrale che può causare lesioni delle mucose e quindi un aumento del rischio infettivo. Il metodo migliore di fissaggio non è ancora stato definito, la gestione pratica prevede sostanzialmente il fissaggio alla parte superiore della coscia nella donna e nell’uomo il fissaggio sull’addome (estendendo il pene sulla parete addominale e fissando il catetere con un cerotto sull’addome) per prevenire la formazione di fistole (la cui guarigione può avvenire solo chirurgicamente) o, in alternativa, alla parte superiore della coscia.
  • Fondamentale per una corretta gestione, la compilazione della cartella infermieristica indicando il tipo di catetere, la data e l’ora dell’inserimento in modo da avere un maggiore monitoraggio clinico assistenziale.

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Antonio Sannino
Infermiere

Cardiologia Vanvitelli
Azienda dei Colli Monaldi (NA)