Le recenti dichiarazioni del premio Nobel Montagnier circa l’origine non naturale e quindi artificiale (manipolazione in laboratorio) del coronavirus hanno suscitato sicuramente molto scalpore.

Ritenere attendibile la teoria del Prof. Montagnier risulta essere ad oggi molto difficile in quanto l’unico lavoro scientifico da lui citato a supporto della sua ipotesi, è stato ritirato dal gruppo di ricerca indiano che l’aveva pubblicato dopo che la comunità scientifica ne ha segnalato le falle.

Al contrario,  la teoria che dimostra l’esatto contrario, ovvero che il virus sia frutto di una serie di mutazioni naturali che gli hanno poi consentito di effettuare il cosiddetto “Spillover” (salto di specie), come il passaggio da un animale all’uomo, è ufficialmente più accreditata e supportata da diversi dati disponibili in letteratura. A sostegno di quest’ultima ipotesi è interessante il lavoro di Andersen et al., 2020 pubblicato sulla rivista Nature, una delle principali riviste scientifiche mondiali.

Proviamo a capire come è fatto un virus e cosa hanno dimostrato i ricercatori nel lavoro su indicato.

 

Com’è fatto il virus

I virus sono particelle infettanti costituite da un acido nucleico (DNA o RNA), nel caso del coronavirus l’RNA, racchiuso all’interno di uno scheletro di natura proteica (capside), come una specie di minuscola pallina da ping-pong che contiene un filo di spago che costituisce il suo genoma.

Il genoma guida la sintesi di tutte le componenti del virus, compresa la proteina SPIKE, molecola presente sul rivestimento esterno, che conferisce al virus la capacità di interagire con i recettori (ACE) delle cellule umane.

La genesi del virus

Nel lavoro preso in considerazione, sono state confrontate tra loro le sequenze genomiche del SarsCov2 umano con quelle del pipistrello e del pangolino. In generale tutte e 3 le sequenze genomiche hanno mostrato un alto grado di similitudine con il genoma del virus della Sars (Sars Cov) a dimostrazione della loro parentela, e nello specifico il virus del Covid 19 umano ha mostrato una identità del 96% con la sequenza del genoma totale del virus del pipistrello.

Tuttavia, se si va ad esaminare la regione del genoma del Sars Cov2 che codifica per la porzione della proteina SPIKE, responsabile a sua volta dell’interazione con il recettore ACE, emerge una maggiore similarità con il virus del pangolino rispetto a quello del pipistrello.

Questo ha suggerito agli autori che il salto di specie che ha consentito al virus di arrivare all’uomo, sia stato modulato da almeno tre passaggi animali, e che il pangolino possa essere considerato l’ospite intermedio tra il pipistrello e l’uomo. Se da una parte l’origine sembra abbastanza chiara, stesso discorso non può essere fatto per come il virus sia arrivato all’uomo.

Le ipotesi di trasmissione all’uomo

Nello stesso lavoro pubblicato su Nature le ipotesi descritte sono 3.

La prima ipotesi lega la trasmissione ai banchi del mercato, dove vengono tenuti insieme animali selvatici in condizioni igieniche precarie.

La seconda ipotesi spiega l’evoluzione pandemica a partire dal genoma umano, in cui una versione non aggressiva del virus, dopo il salto di specie, può essere rimasta silente per anni fino a quando una serie di mutazioni ne hanno poi favorito una trasformazione in una forma più aggressiva responsabile della pandemia.

La terza ed ultima ipotesi, riconduce la diffusione del virus alla coltura in vitro, una tecnica molto diffusa nei laboratori di Whuan, e ad un possibile rilascio accidentale di Sars Cov2.

Le conclusioni

In conclusione in attesa che il prof Montagnier riesca a dimostrare la sua teoria attraverso dati sperimentali, e in considerazione del fatto che per il mondo scientifico vale solo ciò che è stato dimostrato e pubblicato, possiamo escludere l’origine artificiale del virus, anche perché nel genoma del Sars Cov2, rispetto a quello del virus della Sars, non sono presenti pezzi aggiuntivi frutto di una manipolazione, ma sono presenti solo singole mutazioni diffuse nel genoma, un qualcosa di difficile se non impossibile da determinare in maniera artificiale.

 

Dott.Luigi Rosati
Ricercatore di anatomia comparata e citologia

Università degli studi di Napoli Federico II