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Cos’è la sindrome coronarica cronica?
La Sindrome Coronarica Cronica (SCC) comprende quadri clinici diversi caratterizzati da una cronica riduzione del flusso di sangue in una zona cardiaca con conseguente ischemia cronica.
Può essere divisa in 3 gruppi di pazienti:
- pazienti che hanno avuto una Sindrome Coronarica Acuta (infarto del miocardio o angina instabile) o sono stati sottoposti ad interventi di angioplastica coronarica o bypass aortocoronarico;
- pazienti con angina causata da spasmo (restringimento transitorio) coronarico o alterazioni della parete dei vasi sanguigni, definite rispettivamente angina vasospastica e angina microvascolare;
- pazienti con sospetta cardiopatia ischemica per la presenza di angina e/o per il riscontro di una riduzione della frazione di eiezione (forza di contrazione del muscolo cardiaco) del ventricolo sinistro.
Curiosità di CARDIOLOGIAOGGI
Il nome “sindrome coronarica cronica” è nato soltanto nel 2019 e ha sostituito la vecchia definizione di “cardiopatia ischemica cronica” o “angina stabile”. Il nuovo nome cerca di esprimere, rispetto ai precedenti, la dinamicità della condizione descritta, caratterizzata da fasi stabili che può riacutizzarsi in qualsiasi momento per l’insorgere di una sindrome coronarica acuta.
Quali sono le cause della sindrome coronarica cronica?
La cardiopatia ischemica cronica include tutte le condizioni in cui si verifica un insufficiente apporto di sangue ed ossigeno (che si instaura lentamente) al muscolo cardiaco.
La causa più frequente è l‘aterosclerosi, caratterizzata dalla presenza di placche ad elevato contenuto di colesterolo (placche aterosclerotiche) nelle coronarie (così definite le arterie del cuore), capaci di ostruire o ridurre il flusso di sangue.
La cardiopatia ischemica è una patologia cronica caratterizzata da periodi di relativa stabilità (es pazienti affetti da angina stabile), a cui si alternano fasi di instabilità. Ciò accade quando la rottura o erosione della placca determina un’interruzione acuta del flusso di sangue alle cellule cardiache configurando quindi, il quadro clinico di un infarto del miocardio.
Quali sono i sintomi della sindrome coronarica cronica?
Il sintomo principale della cardiopatia ischemica è l’angina pectoris, dolore al centro del petto, descritto come una pressione o dolore costrittivo che può estendersi alle spalle, braccio sinistro (e più raramente destro) e schiena, fino alla mandibola.
L’angina pectoris è tipicamente scatenata dall’attività fisica o da una forte emozione, in genere non dura più di qualche minuto (per convenzione < 20 minuti) e regredisce con il riposo.
I sintomi sono più marcati quando lo sforzo segue un pasto oppure se il soggetto è esposto a basse temperature. Le crisi possono verificarsi più volte nella stessa giornata oppure essere occasionali, con assenza di sintomatologia per periodi di settimane, mesi o anni.
Gli attacchi possono aumentare di frequenza ed intensità, degenerando fino ad arrivare all’infarto miocardico, in cui il dolore è persistente ed è spesso associato a dispnea (difficoltà nella respirazione), sudorazione, nausea, vomito.
In alcuni casi e più frequentemente nei soggetti diabetici, il dolore toracico può essere sostituito dalla dispnea (affanno), pertanto non va trascurato tale sintomo nei pazienti che hanno numerosi fattori di rischio cardiovascolare.
Percorso diagnostico
Il primo step riguarda la valutazione dei sintomi.
Occorre infatti, cercare le caratteristiche descritte in precedenza ed escludere le altre cause che fanno riferimento al dolore toracico: malattie gastrointestinali (es. reflusso gastroesofageo, calcoli alla colecisti), costocondrite (dolori intercostali), ansia, attacchi di panico, altre patologie cardiache ( dissezione aortica, pericardite, prolasso mitralico).
Naturalmente è fondamentale stabilire il profilo di rischio cardiovascolare del soggetto, raccogliendo informazioni su fattori di rischio quali abitudine al fumo, diabete, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia.
Il paziente inoltre, viene sottoposto ad un prelievo ematico per identificare una possibile causa di ischemia o angina (es. emocromo per escludere anemia) e valutare il profilo di rischio cardiovascolare globale (dosaggio glicemia, profilo lipidico, funzione renale).
La valutazione cardiologica comprende l’esecuzione dell’elettrocardiogramma (ECG) e dell’ecocardiogramma.
Poiché l’angina si risolve velocemente con il riposo, raramente l’ECG può essere eseguito durante un attacco, eccetto durante una prova da sforzo.
La valutazione ecocardiografica consente di stimare la frazione di eiezione (forza di contrazione del muscolo cardiaco) del ventricolo sinistro ed individuare la presenza di acinesie/ipocinesie (alcune aree del muscolo cardiaco che hanno subito un danno ischemico legato ad un mancato afflusso di sangue).
La prova da sforzo è necessaria per confermare la diagnosi, valutare la gravità della malattia, determinare il percorso terapeutico del paziente.
Esistono diversi esami strumentali, cosiddetti test di imaging, che associano all’esecuzione di un ECG da sforzo informazioni di tipo funzionale, allo scopo di documentare una eventuale ischemia (riduzione del flusso di sangue) in alcune aree del muscolo cardiaco.
Tali esami comprendono l’ecocardiografia da stress, la scintigrafia miocardica e la risonanza magnetica da stress.
Si può impiegare lo sforzo fisico, utilizzando il ciclo ergometro (cyclette) o il treadmill (pedana mobile), oppure lo stress farmacologico (con infusione di alcuni farmaci che simulano le condizioni di esercizio fisico).
Un’alternativa a questi test è rappresentata dalla TAC coronarica, un altro esame diagnostico non invasivo che permette di escludere una stenosi (restringimento) coronarica con elevata precisione.
Dall’esito dei suddetti test, il cardiologo curante valuta la possibilità di sottoporre il paziente ad un approfondimento diagnostico con l’esecuzione di una coronarografia.
In alcuni casi selezionati, quando la sintomatologia è severa e/o nei pazienti ad alto rischio, il medico può decidere di effettuare direttamente un esame coronarografico senza l’esecuzione della prova da sforzo.
La coronarografia consente l’opacizzazione delle coronarie mediante iniezione di mezzo di contrasto al loro interno. Questo esame consente di diagnosticare la presenza delle placche aterosclerotiche che causano ostruzioni parziali o totali del flusso sanguigno all’interno delle arterie del cuore.
L’esame prevede talvolta l’utilizzo di tecniche aggiuntive, che consentono di misurare la pressione a valle di eventuale restringimento oppure visualizzare la placca che occlude la coronaria.
Cura e terapia della sindrome coronarica cronica
Nel caso in cui la coronarografia evidenzi delle stenosi significative coronariche (ostruzioni al flusso di sangue) ed il paziente manifesti chiari segni di ischemia, uno strumento terapeutico fondamentale è rappresentato dall angioplastica coronarica con impianto di stent, ossia anelli metallici endovascolari in grado di schiacciare la placca lungo la parete vasale ripristinando l’area luminale (vedi sezione dedicata) che può essere eseguita al termine della coronarografia.
Nel caso in cui non sia possibile eseguire un intervento di angioplastica (es. in caso di severa malattia aterosclerotica con stenosi che coinvolgono lunghi tratti delle arterie del cuore), si può ricorrere all’intervento cardiochirurgico di bypass aortocoronarico, eseguito in anestesia generale, sternotomia, che consiste nel ripristinare il flusso sanguigno abboccando un condotto (arteria o vena) a valle del restringimento della coronaria.
Naturalmente esiste anche la possibilità che il quadro coronarografico non evidenzi ostruzioni al flusso sanguigno nelle coronarie. In questo caso il cardiologo, una volta escluse altre cause di ischemia (es angina vasospastica o angina microvascolare), stabilisce un percorso terapeutico personalizzato per abolire e/o correggere eventuali fattori di rischio cardiovascolare del paziente.
Il paziente sottoposto ad angioplastica coronarica (o bypass aortocoronarico) viene dimesso con la prescrizione di una terapia farmacologica, volta a ridurre il rischio di recidive.
Tale terapia comprende l’aspirina, associata di solito ad un altro farmaco in grado di bloccare l’aggregazione piastrinica (clopidogrel, ticagrelor o prasugrel), farmaci antipertensivi, farmaci per prevenire le crisi di angina e migliorare la capacità funzionale cardiovascolare (betabloccanti, calcio antagonisti, nitrati, ranolazina, ivabradina), farmaci che riducono i livelli ematici di colesterolo (statine).
Alcune raccomandazioni
Ai pazienti affetti da cardiopatia ischemica deve essere garantita un’efficace continuità terapeutica ed assistenziale dopo la fase acuta di un infarto e/o dopo un intervento di angioplastica coronarica o bypass aortocoronarico.
Il cardiologo, in collaborazione con il medico di medicina generale, stabilisce un percorso di follow up, in modo tale che tutti gli obiettivi terapeutici (es controllo della pressione arteriosa, controllo dei livelli di glicemia e colesterolo, scomparsa/riduzione degli episodi di angina) vengano raggiunti.
Il paziente viene quindi,sottoposto a controlli periodici che includono visita cardiologica, ECG, ecocardiogramma, prelievo ematico (per la valutazione in primis dei livelli di colesterolo) ed eventuale prova da sforzo con imaging.
E’ fondamentale che il paziente assuma tutta la terapia farmacologica prescritta (aderenza terapeutica), a cui deve essere associato un corretto stile di vita che comprenda l’abolizione del fumo, una dieta sana ed equilibrata ed un’attività fisica moderata tale da raggiungere e mantenere il peso forma.
Contatta l’esperto in merito a questo argomento.
Dott. Roberto Padalino
Cardiologo Emodinamista, esperto in diagnosi e terapia della cardiopatia ischemica
Dirigente Medico I livello
Laboratorio di Emodinamica
Cardiologia-UTIC Clinica Villa dei Fiori
Acerra (NA)